GODERE
Chi ha fascino lo esercita. Spesso slealmente.
Sa che nove volte su dieci è impossibile resistergli.
Così può capitare che una innocua cena si possa trasformare in qualcosa di inatteso.
Ha appena finito di accompagnare la sedia mentre siedo al tavolo che ha scelto, verso il fondo della sala, ma non a ridosso delle pareti. Vicino alla porta finestra che dà sul giardino illuminato a giorno. Rumore gradevole dell'acqua zampillante.
Si siede a sua volta, con un sorriso di quelli che dovrebbero far alzare subito le orecchie.
Ma io non le alzo, rapita come sono dal suo modo di fare, che ammalia.
Prima che riesca a sfiorare il menù, la scatola è sul tavolo.
Una scatola di legno, preziosamente intarsiata.
La apre lentamente.
Il suo sguardo studia ogni mia reazione; il mio è incollato al cofanetto.
Non serve che sia completamente aperto perché comprenda cosa contiene. Il mio viso deve esprimere vari tipi di sorpresa, tutti insieme. Ride con la sua risata elegante, mentre ferma la mia mano che vorrebbe subito richiudere la scatola.
C'è gente intorno a noi, non troppo vicina da vedere il contenuto, ma basterebbe che qualcuno si alzasse in piedi. Per fortuna il cameriere è lontano.
Rimaniamo così qualche istante; lui serafico rivestito della sua espressione affascinante di sfida, ed io ...
Io non lo so.
"Chiuderò la scatola quando avrai preso ciò che contiene".
Dice. Mostrandomi la mia pochette.
Non ho più nascondigli possibili.
Capisco adesso perché mi ha chiesto di non indossare stasera pantaloni né gonna, ma un vestitino leggero, senza niente sotto.
Il cameriere si avvicina. Ho pochi secondi.
Arraffo il contenuto del bauletto.
Lui dice: "Non abbiamo ancora deciso, ancora un attimo"
Il cameriere annuisce, sorride, e si allontana.
Lui mi guarda.
Non ho scelta.
Va bene.
"Adesso?"
Sorride.
Mi spetta l'ordinazione. Non è nei canoni, ma oggi è così.
Sto per recitare davanti al cameriere quanto abbiamo convenuto di ordinare, quando lui preme il pulsante che tiene nel palmo della mano destra.
Oh, cielo ...
La vista si annebbia.
La voce esce in frammenti, e devo distillare tutta la mia attenzione possibile, che si fa flebile di secondo in secondo.
"Polipo in insalata e ....
(mi sento morire) ... alici marinate in salsa ... "
"Bene Signora, e per primo?"
"... risotto ai frutti ... ... di mare ..."
Lui gira la rotellina con il pollice e l'intensità della vibrazione mi scuote tutta.
Possibile che non sentano tutti il suono che mi pervade?
Le palpebre tremano e gli occhi vorrebbero sparire all'indietro nel nulla, mentre il respiro comincia a mancare.
Preme il tasto.
Silenzio.
Un silenzio che mi strappa dal mondo, mentre mi restituisce un barlume di lucidità.
"Risotto per due?", domanda il cameriere?
E mentre pronuncio un "sì" flebile ad occhi chiusi, lui preme di nuovo il pulsante.
E' come una frana interiore.
Avevo sperato di poter riprendere fiato, ed ora la scossa mi attraversa e non so dove guardare.
Vorrei piegarmi in due ed essere sola e lasciarmi andare, ed invece il cameriere attende la mia risposta.
"... si ..."
"Bene. E per secondo?"
Vorrei capisse che deve andare. Può domandarmelo dopo, cazzo!
"Forse preferite scegliere dopo?".
Mi sento naufragare.
" ... si, ..., grazie ...".
Non so come riesco a pronunciare queste tre sillabe.
Il cameriere si allontana. Lui preme il tasto.
Io respiro.
Una goccia di sudore cola sulla fronte.
Sono in un lago.
Respiro a fatica.
Lo guardo come fossi uscita da un incendio. Lui sorride serafico.
Maledetto
Arriva il Sommelier.
Preme di nuovo il tasto.
Oh dio ...
Tocca ancora a me.
"... Sylvaner di ... Novacella, ..., grazie ...."
Gioca con la rotellina.
Diminuisce.
Aumenta.
Vorrei gridare.
Spegne.
Non riesco più a dire una parola.
Lui parla mentre mangiamo lentamente. E' allegro. Non fa nessun cenno a quello che accade.
Parla di tutto e di niente.
Mi sento svuotata.
Cerco di dilatare il tempo. Ho terrore della prossima ordinazione.
Arriva il cameriere a ritirare i piatti, e lui accende, e spinge la rotellina su, su, su ...
I due punti di vibrazione mi scaraventano lontano.
Decido di non opporre più resistenza.
Che il cameriere pensi pure che non so reggere il vino.
Gli occhi navigano nella nebbia e la voce si spezza, mentre provo a pronunciare le parole che mi ero preparate.
"... filetti di br... branzino ... aromatizzati ..."
Lui, bastardo, chiede dettagli sulla ricetta.
Il cameriere, paziente, spiega.
E mentre spiega sento montare dentro una colata lavica, la carne trema, il respiro manca.
La spiegazione è dettagliata ed esauriente, ma a lui non basta.
Ancora domanda, ancora prolunga lo strazio.
Ed io mi piego sul tavolo e trattengo un grido che mi squassa dalla punta dei piedi fino ai capelli.
Stringo le cosce e mi lascio scivolare via, mentre l'orgasmo mi colma.
Non ho più respiro, e gli occhi bruciano.
Il cameriere mi guarda preoccupato, ma lui lo rassicura.
Non è nulla.
Un piccolo problema intestinale.
Si allontana, e lui spegne.
La sedia sotto di me è fradicia.
Maledetto Somellier.
Riaccende.
"... Ansoni.. ca del Gi...glio... ..."
"Grazie Signora"
Affanculo.
Mangiamo lentamente.
Sono spettinata.
Devo sembrare una strega.
Non riesco a finire.
Mi infilo una mano tra le cosce.
Lui fa cenno di no.
Non devo.
Ok.
Vorrei andare via.
No.
Torna il cameriere.
Riaccende. Di nuovo al massimo.
Zero uno.
"... macedoni...a indones...iana ... ..."
"Cosa c'è dentro?", chiede lui.
Nuova voragine che si spalanca.
Non resisto, non resisto, non resisto!
Stop.
Sento la voce del cameriere, e contemporaneamente il silenzio in me.
Non ci credo.
Rialzo lo sguardo.
Li vedo parlare attraverso un velo. Quasi non sento le loro voci.
E mentre provo a riprendere contatto con il mondo lui riaccende.
Gira in continuazione la rotellina.
Passa dal minimo al massimo senza alcuna logica.
Serro le cosce e cerco di pensare ad altro, ma tutto è inutile.
Non spegne quando il cameriere se ne va.
Non spegne.
Lascia al massimo e si distende sulla poltroncina, in attesa.
Ad occhi chiusi cerco pensieri che mi portino via, ma la vibrazione mi devasta piano piano.
Vengo mentre il cameriere depone gentilmente il piatto davanti a me.
Il grido l'ho soffocato, ma la mia faccia è contratta, i muscoli fanno quello che vogliono, il mugolio sublima in un pianto leggero.
"Posso fare qualcosa, Signora?"
Sembra sinceramente preoccupato.
Faccio cenno di no con la mano.
Va tutto bene.
Lui spegne.
Usciamo.
Deve sorreggermi.
Gocce d'umore scorrono lungo le gambe.