DIVERTIMENTO = SESSO ...PASCAL DICE DI NO
14.06.2012 18:43
Ho beccato Pascal a ragionare sul divertissement.
Il divertimento.
In senso etimologicamente corretto di deviazione e allontanamento (dal latino devertere).
Lui compendia in tale termine ogni attività che porta l'uomo "lontano" dal pensare a se stesso e dallo sprofondare nella propria interiorità.
Dice: “[...] ho scoperto che tutta l'infelicità degli uomini proviene da una cosa sola: dal non saper restare tranquilli in una camera. [...] ho voluto scoprirne la ragione, ho scoperto che ce n'è una effettiva, che consiste nella infelicità naturale della nostra condizione, debole, mortale e cosí miserabile che nulla ci può consolare quando la consideriamo seriamente.”
(Blaise Pascal, Pensieri, 139)
Ognuno di noi cerca di "distrarsi" dalla propria condizione debole, mortale e cosí miserabile, ed è per questo che ci perdiamo in infinite attività che ci illudono e, allo stesso tempo, ci impegnano ad illudere noi stessi.
Siamo sempre in movimento, ma, se ci fermiamo, sentiamo il nulla.
Muoversi in continuazione è dannoso, visto che “l'uomo è vero solo nella stasi”.
Stare tranquilli in una camera non sarebbe perciò la causa dell'infelicità, bensì la rivelazione di tale infelicità, che in realtà è sempre presente.
Alla fine del ragionamento Pascal afferma che, per la vita di un cristiano, il divertissement è una cosa ignobile e assai pericolosa, in quanto solo nella meditazione (una sorta di otium latino) l'uomo può, riconoscendo la propria miseria, accostarsi a Dio Gesù attraverso la preghiera ed il pensiero. In altri suoi pensieri, poi, dice:
“Gli uomini, non avendo potuto guarire la morte, la miseria, l'ignoranza, hanno deciso di non pensarci per rendersi felici.”
( Pensieri, 168)
“L'unica cosa che ci consola dalle nostre miserie è il divertimento, e intanto questa è la maggiore tra le nostre miserie.”
( Pensieri, 171)
Insomma, il divertimento sarebbe la nostra più grande miseria poiché ci distoglierebbe dalla nostra unica dignità e ricchezza, cioè il pensiero, con l'illusione della dignità stessa (cioè lo svago).
Infatti, l'uomo non ha dignità se non nel riconoscere che è senza dignità, e questo lo rende più di una bestia, anche se egli continua ad esser meno di un angelo. Nel divertimento non ci si può dunque accostare a Dio, perché tale accostamento dev'essere l'umiliazione, il riconoscimento di sé stessi e della propria infinita miseria di fronte all'Onnipotente, se si vuole ricevere la Sua misericordia e la Sua Grazia.
Per quanto apprezzi molto le premesse di questa analisi, dissento (ovviamente) in modo categorico dalle conclusioni.
Tanti filosofi, pur intelligentissimi come Pascal, quando vanno a cocciare in una considerazione degna di nota, nella individuazione di un punto cruciale, invece di trovare una soluzione “etica” in grado di soddisfare credenti e non, si incaponiscono nella metafisica più a buon mercato.
E quando non sanno più che pesci pigliare tirano in ballo dio.
Cosa dice Pascal?
Il divertissement ci allontana da noi.
Indebolisce il nostro IO.
Se Pascal ha ragione nella formulazione delle premesse, e credo che ne abbia, ci sarebbe piuttosto da concludere che il divertissement è un'ottima cura per le ferite che ci siamo procurati separandoci dal TUTTO.

Pascal suggerisce come cura dell’infelicità la coltivazione intransigente del proprio IO, attraverso la negazione di tutto ciò che lo distrae.
Credo che si sia ingarbugliato nel suo ragionamento.
Offre come cura del male la sua causa.
Omeopata ante litteram?
No, perchè lui propone dosi industriali di rimedio.
No, perchè lui propone dosi industriali di rimedio.
ps: Pascal l’ho sempre trovato poco simpatico.